LA FIGURA DEL PROFESSIONISTA TRA CONOSCENZA AZIENDALE ED INFORMATICA IN UNA VISIONE PROSPETTICA
di Alessandro Capodaglio
L’informazione può essere considerata come pietra angolare su cui è centrata l’evoluzione tecnologica. Rispetto al passato, sembra potersi intravedere un’inversione di tendenza rispetto alle evoluzioni tecnologiche precedenti che vedevano l’informazione agire sulle tecnologie ma non il contrario. Oggi sembra, invece, che sia la tecnologia ad agire sull’informazione trattando quest’ultima alla stregua di una materia prima in un processo produttivo. Ormai si è difronte a quello che è già stato definito il nuovo capitalismo basato sull’industry. Le tecnologie, con le loro molteplici forme e funzionalità, andranno ad impattare sui molteplici ambiti della vita quotidiana delle persone, dei professionisti, delle aziende. La capacità dei manager di “utilizzare” al meglio le nuove tecnologie digitali e sfruttarne le opportunità impone modelli di business che presuppongano, evidentemente, ampie competenze di carattere informatico e che completino quelle consolidate di carattere economico-aziendali.
Ci si chiede: come cambia la figura del professionista in azienda? Su quali campi è chiamato a scendere in gioco?
Nel contesto economico aziendale attuale, uno degli aspetti di maggiore interesse è rappresentato dal posizionamento e dalla connotazione che deve assumere la figura del professionista aziendale per far fronte ai mutati e mutevoli rapporti con le aziende ed alle evoluzioni che esse stesse stanno subendo. La rapida evoluzione delle tecnologie informatiche in azienda, cui in molti casi si è contrapposta la rigidità al cambiamento dei soggetti aziendali coinvolti, ha portato alla condizione (forse paradossale, forse naturale) per cui lo strumento informatico risulta essere l’unico indiscusso attore nel funzionamento del sistema informativo (si badi, “informativo” non “informatico”) aziendale, causa di ogni male (i sistemi esistenti) e fonte di ogni soluzione (i sistemi che vengono proposti in alternativa). La cronica carenza informativa che caratterizza una rilevante parte delle PMI viene sempre ricondotta alla presenza di sistemi informatici non adeguatamente implementati e difficili da interrogare, mentre la soluzione viene sempre cercata in un nuovo strumento che superi i limiti del precedente. Tale punto di vista, seppure condivisibile nella sua sostanza, non può non considerarsi limitativo: la carenza informativa, in qualsiasi accezione la si voglia intendere, deve essere in primo luogo valutata in relazione al “modello informativo” sottostante ed alla sua capacità di rappresentare adeguatamente la dinamica aziendale. Una carenza informativa, ad esempio relativamente ad una voce di costo rilevante, dovrà essere analizzata in primis alla luce del sistema di contabilità generale e analitica presente in azienda, delle dimensioni di analisi previste per essa, e solo in un secondo momento si potrà mettere in discussione la modalità con cui essa viene rilevata all’interno del sistema informatico in uso. Una corretta rilevazione conta poco se il dato oggetto della stessa viene successivamente sottoposto ad un’elaborazione non adeguata, se non addirittura difforme dalle corrette logiche economico aziendali. È proprio questo, dal punto di vista di chi scrive, il punto fondamentale: la grande attenzione che si focalizza (giustamente) sui sistemi informatici, sul loro funzionamento e sulla loro evoluzione, ha portato in molti casi a ritenere che ad essi spetti il compito di soddisfare qualsiasi esigenza informativa aziendale, dalla produzione del dato, all’elaborazione dell’informazione, alla sua rappresentazione.
Di contro, si è andata in parte perdendo la consapevolezza che tutti gli aspetti ora citati sono, in prima battuta, rilevanti dal punto di vista economico aziendale e quindi dipendenti da modelli che poco o nulla hanno (apparentemente) da spartire con gli aspetti squisitamente informatici ed applicativi. Tale osservazione vuole portare il lettore a riflettere sul fatto che la presenza di un sistema informatico, per quanto evoluto esso possa essere, non giustifica in alcun modo l’ignoranza (nel secondo letterale del termine) del modello economico aziendale ad esso sottostante; in caso contrario il rischio, spesso purtroppo concretizzatosi in azienda, è quello di subire le risultanze del sistema informatico senza poterle governare, senza avere la consapevolezza di quale sia il reale processo che ha portato quell’informazione a generarsi. Ciò, si badi, non vuole in alcun modo sminuire il ruolo dei sistemi informatici in azienda, né tanto meno sollevare questi ultimi dalle proprie responsabilità in relazione alla difficile gestione dell’informazione nelle aziende (in particolare, come detto, quelle di più piccole dimensioni o comunque meno strutturate). Di frequente infatti lo sviluppo di soluzioni aziendali coerenti con i problemi riscontrati viene reso difficoltoso, se non addirittura impossibile, per effetto delle limitate possibilità di intervento sui sistemi informatici in essere presso le aziende: tali limitazioni posso riguardare la fruibilità dei dati presenti a sistema (il dato è presente a sistema ma non è contemplato il fatto che esso venga reso disponibile all’utente nella maniera ottimale per soddisfare le finalità informative di quest’ultimo) oppure la possibilità di implementare la soluzione disegnata in ottica prettamente aziendale. Proprio su questo aspetto preme focalizzare l’attenzione: l’attuale situazione di apparente stallo che porta il consulente aziendale a scontrarsi con i sistemi informatici in uso presso le aziende beneficiarie del proprio intervento può essere superata intraprendendo un percorso di avvicinamento (rectius di riavvicinamento) del consulente aziendale a quelli che potrebbero essere definiti i propri “strumenti del mestiere”. Le applicazioni informatiche in parola, infatti, rappresentano oggi gli unici reali strumenti a disposizione del consulente aziendale per far si che le soluzioni da lui definite possano diventare adottabili dall’azienda, con la conseguenza che egli dovrà nel più breve tempo possibile farne proprie le logiche ed il funzionamento. I modelli economico aziendali che i professionisti sono chiamati a definire per le aziende esplicano la loro massima utilità solo nel momento in cui possono essere implementati in maniera rapida, efficace e poco costosa. Tale aspetto, per certi versi scontato, necessita di ben altra attenzione se si considera il fatto che l’implementazione non può prescindere da una profonda interazione e integrazione tra il modello disegnato dall’aziendalista ed il sistema informativo ed informatico presente in azienda.
La descritta necessità comporta, o meglio dovrebbe comportare, l’intervento di figure con competenze di carattere informatico a supporto del professionista incaricato della definizione del modello, il quale dovrebbe, a sua volta, essere in grado di esporre tutte le esigenze e le peculiarità del modello disegnato nella maniera più chiara e “informatica” possibile. Di frequente, tale fase di individuazione ed esplicitazione delle esigenze viene vista dall’azienda come un’attività non di competenza del professionista aziendale, bensì da affidarsi interamente ed esclusivamente al consulente informatico esperto del software applicativo selezionato, spesso senza che tra i due professionisti coinvolti si instauri un reale e proficuo rapporto collaborativo volto all’ottenimento del miglior sistema informatico in grado di rappresentare il miglior modello economico aziendale. Si pensi, a tal proposito, a quanto frequentemente accade nell’ambito di progetti di sviluppo di sistemi di reportistica: a fronte di un’esigenza informativa espressa dall’azienda, spesso in modo approssimativo, la conseguente definizione e creazione del sistema di reportistica volto a soddisfare suddetta esigenza viene visto come un incarico di natura prettamente informatica da affidare a tecnici, esperti dello strumento applicativo che viene scelto (si consenta, incidentalmente) per la realizzazione, di fatto attribuendo ad essi altresì il compito di individuare, definire e validare le informazioni che dovranno popolare la reportistica prodotta. Quest’ultima attività, come ben si può comprendere, dovrebbe essere ad appannaggio di esperti aziendalisti, dai quali si presume di poter ottenere un’analisi più completa, mirata e consapevole delle informazioni necessarie alla soddisfazione del- l’esigenza informativa espressa. L’esempio esposto, rappresentativo di situazioni quanto mai frequenti, evidenzia come attualmente la professione dell’aziendalista stia vivendo un momento di “transizione”, nel quale l’esigenza di “far funzionare” uno strumento viene vista dalle aziende come obiettivo principe e non più strumentale, sulla strada del raggiungimento dell’obiettivo originario, rappresentato dalla necessità di risolvere un problema di natura prettamente economico aziendale.
Chi scrive ritiene quindi che un passo in avanti rispetto alla situazione descritta sia necessariamente legato alla possibilità che l’aziendalista colmi il divario informativo che si è venuto a creare tra sé e gli strumenti che quotidianamente vengono utilizzati per la gestione delle informazioni rilevanti nel proprio settore di competenza. Ciò ovviamente non vuole presentare uno scenario nel quale l’aziendalista si sostituisce al tecnico informatico, tutt’altro: l’obiettivo che si ritiene prioritario è quello di diffondere le opportune conoscenze informatiche anche tra i professionisti del campo economico aziendale al fine soprattutto di agevolare la comunicazione con i tecnici, in particolare informatici, che necessariamente devono essere coinvolti in tutti i progetti che hanno un impatto sul sistema informatico aziendale. La possibilità di definire un protocollo di comunicazione efficace tra aziendalista e informatico consentirebbe di ripristinare una corretta suddivisione delle mansioni, lasciando all’aziendalista il ruolo di “progettista” (usando una similitudine con il campo ingegneristico) del sistema delle informazioni utilizzate per la soluzione del problema economico aziendale presentato, ed all’informatico il ruolo di “tecnico”, al quale devono essere fornite specifiche linee guida consapevoli ed adeguate ad una “traduzione” informatica di quanto definito. Ciò porta a riflettere sull’esistenza di vincoli mentali e di conoscenza, legati alla specializzazione delle professioni, che conduce alla perdita del punto di vista complessivo e quindi alla capacità di definire e raggiungere l’obiettivo ottimo; la specializzazione del sapere, anziché servire ad allargare il confronto finisce col creare sentieri nei quali le conoscenze avanzano tra loro separate. Avere i paraocchi come i cavalli da corsa rappresenta un grosso aiuto nel mantenere la massima concentrazione per raggiungere senza distrazioni o tentennamenti l’obiettivo; ma al contempo i paraocchi sono un handicap quando si tratta di scegliere l’obiettivo da perseguire. Quando non si sa esattamente dove andare ecco che diventano essenziali la visione periferica e il pensiero laterale.
Questo ampliarsi del punto di vista del professionista economico aziendale si immagina possa portare un risultato tanto semplice quando fondamentale: rimettere al centro di un progetto che impatta sul “sistema azienda”, l’informativa rilevante a livello economico aziendale, la modalità con cui essa viene generata a partire da dati economicamente significativi e non lo strumento utilizzato per giungere a tal fine. Ciò ovviamente non vuole togliere rilevanza all’aspetto informatico, che sempre più si va ad integrare a quello economico aziendale nell’ambito di un progetto di consulenza, al contrario: chi scrive ritiene che il miglior risultato ottenibile da un’applicazione informatica possa essere raggiunto solo nel caso in cui la stessa risulti esattamente confacente alla soddisfazione delle esigenze manifestate dall’azienda cliente e che sono evidentemente indirizzate verso il raggiungimento di un obiettivo rilevante da un punto di vista “aziendale” in questo caso nel senso più stretto del termine. La soluzione definita per il problema deve, di contro, essere quanto più possibile in linea e coerente con le logiche di funzionamento degli attuali sistemi informatici (del resto basate su best practice), al fine di non pervenire ad un risultato logicamente perfetto ma di fatto irrealizzabile da un punto di vista pratico.
Le considerazioni fin qui condotte possono spingere l’analisi ad un livello ulteriore: sempre più spesso è capitato di osservare come le problematiche esposte da aziende classificabili come micro e piccole imprese prevedano soluzioni che tipicamente vengono proposte e sviluppate su realtà maggiormente strutturate e di più grandi dimensioni. Senza dover cambiare esempi rispetto ai precedenti, non è assolutamente infrequente trovare un’azienda artigiana che ha necessità di monitorare ed analizzare le proprie vendite al fine di rilevare eventuali situazioni critiche o spunti per miglioramenti nella propria gestione: tale esigenza trova ovviamente la propria naturale soddisfazione nello sviluppo di una reportistica sulle vendite, a quantità e valore, tramite la quale lo stesso imprenditore possa operare analisi storiche e multidimensionali (nel caso più semplice per tipologia di cliente e di prodotto). Per ottenere il risultato più efficiente possibile, la soluzione descritta dovrebbe essere implementata sfruttando strumenti di Business Intelligence in grado di fornire una logica di analisi drill-down e multidimensionale: sebbene, ad una prima analisi, questa soluzione possa sembrare “eccessiva” per una piccola realtà aziendale, l’utilizzo di applicazioni informatiche evolute, spesso gratuite o disponibili a costi molto accessibili e particolarmente user friendly anche in fase di sviluppo, può portare a risultati assolutamente professionali in tempi molto rapidi (paragonabili a quelli necessari per realizzare un report tramite un comune foglio di calcolo) e senza richiedere l’intervento di tecnici informatici per l’implementazione. La semplicità d’uso della soluzione e la possibilità che l’intero progetto venga portato avanti da un aziendalista fornisce una ragionevole garanzia sul fatto che l’attenzione sia interamente focalizzata sull’informazione contenuta nel report, sulla base dati di partenza e sulla più efficace modalità espositiva.
Gli strumenti informatici in parola, grazie alla loro semplicità di utilizzo, possono rappresentare una valida soluzione, nelle corde del consulente aziendale, per progetti di differente complessità e dimensione, consentendo di elaborare sia le informazioni raccolte e fornite dall’azienda tramite file sia direttamente la base dati del sistema informatico gestionale in uso, al fine di pervenire all’informazione necessaria alla soddisfazione dell’esigenza informativa. Ulteriori evoluzioni connesse con questo aspetto sono legate alla diffusione di sistemi in grado di rendere possibile lo sviluppo di vere e proprie applicazioni informatiche “vestite” sull’esigenza del cliente in tempi rapidi, anche in questo caso concentrando l’attenzione sulle funzionalità di processo e di trattamento delle informazioni, anziché sullo strumento utilizzato per tale fine. Quest’ultima visione apre, a sua volta, scenari futuri ben più complessi, che potrebbero portare ad affermare (ad oggi più che altro in maniera provocatoria) che la vera e propria applicazione informatica finalizzata alla gestione di uno specifico processo aziendale in futuro sarà realizzata non dall’esperto informatico, ma dall’esperto del processo oggetto di automazione o comunque a favore del quale l’applicativo deve essere realizzato, esattamente come oggi non si richiede l’intervento dell’esperto informatico per la realizzazione di un foglio di calcolo riepilogativo di un’analisi condotta a fronte di una specifica richiesta.
La distanza, più volte ricordata in questa sede, tra le conoscenze economico aziendali e quelle di natura maggiormente informatica, si ritiene non possa essere ricondotta ad un mero tema di ricambio generazionale, in quanto purtroppo tutt’ora il processo formativo accademico in ambito economico aziendale risulta, salvo rare eccezioni, poco propenso ad un’apertura verso le tecnologie e le implicazioni che esse hanno sui modelli oggetto di studio.